Curiosi o catalogati? Come l’AI sta cambiando il marketing

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La personalizzazione algoritmica rende comoda l’esperienza ma rischia di omologare scelte e contenuti. Il vero vantaggio competitivo sta nel coltivare la curiosità: progettare touchpoint che sorprendono, fanno scoprire il nuovo e mantengono l’AI al ruolo di strumento, non di pilota. Qui trovi principi, playbook e KPI per bilanciare predicibilità e serendipità.

Il paradosso della personalizzazione

Più i sistemi di raccomandazione ottimizzano per ciò che “dovrebbe piacerci”, più restringono lo spazio della scoperta. Il risultato è una comfort zone algoritmica: messaggi efficaci ma invisibili, percorsi ottimizzati ma ripetitivi. Il marketing perde il colpo di scena che accende attenzione e memoria.

Perché la curiosità è un vantaggio competitivo

  • Rompe i pattern: spinge oltre ciò che è già previsto dai modelli predittivi.
  • Aumenta il valore percepito: ciò che sorprende si ricorda e si racconta.
  • Rende l’AI più utile: modelli potenti ma guidati da domande migliori.

AI con curiosità: 5 principi di progettazione

  1. Exploration > sola exploitation: dedica sempre una quota di esperimenti a contenuti e formati “non ovvi”.
  2. Serendipità intenzionale: inserisci suggerimenti laterali ad alta affinità tematica, non solo più-di-ciò-che-hai-già-visto.
  3. Contesto, non solo profilo: varia messaggi e call-to-action in base al momento d’uso e al compito dell’utente.
  4. Prompt di qualità: l’AI risponde meglio a domande chiare, aperte e sfidanti.
  5. Human-in-the-loop: supervisione creativa su ciò che l’algoritmo non vede (tono, sottotesto, simboli culturali).

Prompt engineering: come fare domande che aprono possibilità

  • Definisci il compito: “Genera 3 angolazioni editoriali alternative per…”.
  • Aggiungi vincoli utili: audience, obiettivo, canale, lunghezza, CTA.
  • Chiedi varianti contrastive: “Una versione conservativa, una audace, una contro-intuitiva”.
  • Fai rifinire: “Spiega cosa hai escluso e perché. Suggerisci un test A/B”.

Playbook operativo in 6 mosse

  1. Audit della personalizzazione: mappa dove gli algoritmi stanno “chiudendo” l’esperienza (feed, raccomandazioni, retargeting).
  2. Ipotesi di sorpresa: definisci cosa potrebbe incuriosire davvero la tua audience (nuove categorie, storie, formati).
  3. Design della serendipità: inserisci slot fissi di discovery nel journey (moduli “scopri anche”, newsletter tematiche, esperienze interattive).
  4. Esperimenti rapidi: A/B e multivariati con percentuale di traffico dedicata all’exploration.
  5. Human review: revisione creativa delle proposte AI per coerenza, tono e originalità.
  6. Apprendimento ciclico: ciò che funziona entra in “base-line”; ciò che non funziona alimenta nuove ipotesi.

KPI per misurare predicibilità e scoperta

  • Engagement di discovery: CTR e tempo medio sui contenuti “non ovvi”.
  • Diversità di consumo: numero di categorie/temi nuovi per utente nel mese.
  • Memorabilità: lift su recall spontanea/assistita nelle campagne sperimentali.
  • Efficienza: impatto su conversione e ROAS dei percorsi con serendipità.

FAQ

L’AI sostituisce la creatività?

No. L’AI amplifica dati e velocità; la creatività dà direzione, significato e rischio calcolato.

Come evitare l’over-personalization?

Imponi quote minime di exploration nei piani media e nei moduli di raccomandazione. Mantieni formati “aperti” che invitano alla scoperta.

Il retargeting è da abbandonare?

No, va ri-contestualizzato: integra contenuti nuovi e narrazioni progressive, non solo ripetizione dell’offerta.

In un’epoca di automazione, scegliere di restare curiosi è strategico. Le aziende che sapranno bilanciare dati e intuito, prevedibilità e sorpresa, costruiranno relazioni più autentiche e memorabili.

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